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giovedì 18 febbraio 2010

Un caso di coscienza. ( imiei racconti)

Ho sbroccato, si dopo anni ho sbroccato! Prima di allora non avrei mai pensato che potessero accadere cose del genere. Eppure sono accadute e proprio a me che non ci avrei scommesso una lira quando qualche amica pettegola mi raccontava di questi ed altri fatti sull’argomento sesso. Specialmente quelli un poco ( a dir poco ) fuori dalle righe!
Sono una donna anziana e vedova da un decennio del mio povero marito. Dei nostri figli l’unica a sposarsi più che trentenne fu la nostra primogenita. Di carattere duro, arcigna, lavoratrice aveva avuto qualche fidanzato, ma nessuno che la potesse fronteggiare. Comunque questo, l’ultimo, ci riesce, ed è riuscito a farsi sposare. Abitano in una casa di nostra proprietà (girata a loro) a cinquecento metri in linea d’aria da dove ho sempre vissuto e vivo ora da vedova. Il paesino è piccolo e dista pochi chilometri dalla città capoluogo, diciamo venti minuti di pullman. Dopo undici mesi sposati, senza segni di gravidanza, mia figlia si è ammalata ( ma non per questo ) ed è stata ricoverata presso il locale ospedale. I mesi si susseguono, le visite sono assidue e frequenti. Ormai è un anno che lei è ricoverata, ed io sono preoccupata oltre che del suo stato di salute, anche dalla possibilità che il marito ceda alle tante tentazioni che la vita moderna offre. Ormai non avranno rapporti sessuali da mesi e mesi, io temo che qualche sgualdrinella gli faccia assaggiare la fica giovane ed allora addio matrimonio di mia figlia.
Una sera di febbraio piovosa e gelida, tornando dall’ospedale in macchina con mio genero, come sempre, lo invitai a fermarsi da me per cenare e scaldarsi al calore del camino. A fine pasto, frugale al solito, uno scoppio brutale fracassò l’aria inondando la stanza con un bagliore accecante poi, il buio pesto attenuato solo dal flebile barbaglio delle fiamme sui ceppi e sulle braci ardenti. Era andata via la luce! Di solito poteva impiegare ore perché la riallacciassero. Poco male dissi tra me e me, intanto la pioggia battente sembrò incrudita e rinforzata dal fulmine caduto poc’anzi.
Paolo il mio giovane genero, era con me in rapporti molto confidenziali, status che avevo creato io stessa già dai primi giorni che lui si presentò in casa per mia figlia. Abbracci e baci intercorrevano tra noi ad ogni occasione ed io mi sentivo lusingata da tanto affetto sincero e cordiale.
Confesso che più volte mi ero sentita toccata anche di striscio oppure accidentalmente da Paolo ma, ho sempre ritenuto un caso fortuito tutto ciò, anche se poi di tanto in tanto quasi ci speravo di essere sfiorata o toccata ancora da lui. In fondo non avevo avuto un maschio dall’ultima volta che l’avevo fatto con mio marito. Anni fa.
Una volta, non molto tempo fa, nella concitazione dei festeggiamenti, durante una cerimonia, nella ressa che poi si formò davanti ad una torta da tagliare, tra le grida di gioia ed il continuo spingersi ed inneggiare, sentii chiaramente la forma del cazzo prima moscio ma, poi barzotto direi, di Paolo che stava proprio dietro di me che si appoggiava nel solco delle mie chiappe, difese appena dalle mutandine e dal vestito di cotone leggero. Avvampai tutta . dopo poco tempo mi ritrovai con le mutandine sporche di bava appiccicosa, e quella sera dopo il contatto inequivocabile di Paolo, mi sarei trovata allagata tutta, ne ero certa! Il contatto era discontinuo e frequente durante tutto il taglio della torta e dei brindisi con lo spumante. Erano schermaglie ambigue le nostre ma, ci piaceva così.
Mi sganciai dalla folla ormai diradata e mi diressi ai bagni, avevo un prurito insostenibile oramai.
Chiusa la porta mi alzai la gonna ed abbassate le mutande vidi con disappunto una chiazza di bava densa e trasparente insozzare le mutande mentre colava dalla mia fica. Strofinai con salviettine la fica ma l’azione anziché detergere mi procurò un intenso piacere una fitta lancinante mi trapassò la schiena. Avevo bisogno di farlo. Si di masturbarmi insomma! Al solito lo facevo, al bisogno, di notte nel mio enorme lettone, prelevavo una zucchina o una melanzana dalla forma e dalle dimensioni appropriate, le lavavo con cura e mi abbandonavo a penetrazioni lussuriose e senza ritegno alcuno. Riuscivo a leccarmi una tetta alla volta grazie alla loro dimensione, ci arrivavo a stento ma ci arrivavo con la lingua! Un palliativo! Ma niente poteva sostituire la fava di un uomo. Quel meraviglioso giocattolo di carne, dal glande paonazzo ed il curvo pene incapsulato, la meravigliosa sensazione dell’atto finale quando dal forellino sulla sommità erutta la bava calda nelle tue più recondite intimità! Ah, il maschio. Che bella invenzione.
--- Resta qua stasera, con tutta questa pioggia è meglio che tu dorma qua, vai in camera ed indossa uno dei pigiami che trovi nel secondo cassetto del mobile.---
Dissi decisa a Paolo mentre mi dirigevo nel bagno buio con la candela accesa tra le mani.
Terminai presto, avevo indossato la lunga vestaglia chiara, uscii dal bagno ma l’aria della porta mi spense la candela! Poco male, continuai ad avanzare nel chiarore che il camino irradiava anche nel corridoio ma, quando passai davanti alla camera guardai nella fessura della porta appena accostata, un attimo appena, il tempo di osservare Paolo chino con le chiappe nude, il solco delle natiche velato da peluria scura e le grosse palle ondeggianti tra le cosce, illuminato dalla candela posta sul comodino! Avvampai tutta. Ardevo già dal desiderio. Tornai nel bagno al buio dove tentoni aprii l’acqua del bidet, lo colmai ed essendomi seduta sopra a cosce spalancate, feci delle abluzioni alla fica ormai calda sborrosa e pulsante! Nulla calmò la voglia di cazzo che mi pervadeva! Tornai verso la cucina senza le mutande, mesta e timorosa. Dopotutto era mio genero, cazzo!
Paolo era seduto sul divano posto davanti al camino che dardeggiava luce e calore nel buio della stanza, quando ritornai poco dopo portando con me un tiepido plaid. Mi sedetti sul divano accanto a lui quasi a contatto. Nel distendere il plaid sulle sue gambe gli sfiorai il pube; avvertii il suo cazzo, morbido, quasi gelatinoso, racchiuso nel pigiama, lo feci con aria indifferente, ma dentro di me il sangue ribolliva, la testa avevo leggera, come quando si è un poco su di giri. Il calore del camino scaldava le caviglie scoperte in quanto il plaid non riusciva a coprirci tutto. Il suo respiro divenne placido, regolare, si era lasciato andare nel sonno ristoratore. Io non riuscivo a riposare. Ero combattuta tra il desiderio di avere quel maschio ( che in fondo un poco mi apparteneva di diritto ) ed il pudore parentale! La sua spalla poggiava su di me, la sua testa reclinata poggiava sulla mia spalla, il suo caldo respiro si diffondeva raggiungendo il lato destro del mio collo, quasi una carezza! Immersa nel semibuio della cucina, la mia fantasia si librò nei più assurdi voli che la logica non avrebbe mai potuto recensire. Il mio sesso grondava, la mia timidezza fondeva come un ghiacciolo posto al sole. Avvertivo l’odore del maschio! Ero una bestia in calore.
Nel sonno Paolo si aggiustò più volte finché si tirò le gambe sul divano distendendosi quasi, ma nel farlo scivolò un poco addosso a me posizionandosi con la testa su una delle mie tette. Lo assecondai distendendomi a mia volte quasi sotto di lui. Adesso lo tenevo disteso addosso un poco più su del previsto, infatti sentivo i suoi genitali premere sul mio pube, decisamente era un poco in alto. Il calore dei corpi uniti ci inondò di benessere, cominciai ad avvertire un pallido turgore che poco dopo divenne erezione vera e propria, il grosso cazzo mi premeva sulla pancia ed il movimento leggero ( involontario ?) faceva soffregare l’asta turgida sopra il mio monte di venere. Passai entrambe le mani sulla sua schiena come per incoraggiarlo, arrivando a palpargli entrambe le chiappe. Erano sode e ricoperte di peluria, i muscoli scattanti delle natiche si contrassero al mio contatto lascivo. Le afferrai e strinsi con voluttà, i freni erano andati oramai andavamo a ruota libera, lui spingeva su e giù con il respiro trafelato. Manovrai la mano destra sotto di lui fino ad afferrare il nodoso bastone nudo, lui si contorceva negli spasmi della libidine, io non ne potevo più, lo spinsi in basso quel tanto che mi consentiva di puntare la punta del pene gonfio nella vacuità del mio sesso protetto solo dal sottile velo della camicia da notte e del suo pigiama. La stoffa sembrò ingigantire la punta del pene e la tensione che questa procurava, su entrambi i sessi aumentò le nostre voglie portandole allo spasmo. Paolo si puntellò sulle ginocchia, tirò su la vestaglia fino alla mia pancia, il mio respiro divenne rapido, sibilava l’aria che entrava ed usciva fra i miei denti chiusi, poi si strappò il pigiama ed afferrato il ricurvo e nodoso randello lo puntò dritto nella fessura della mia fica martoriata da contrazioni spasmiche che la fame oramai cronica di cazzo mi procurava. Sentii la sua punta arrotondata e calda inserirsi nelle pieghe della mia pucchiacca, lui, appena inserita la punta sembrò esitare un istante, poi con veemenza quasi brutale affondò nella ferita aperta della mia anima la sua dura lancia, fino in fondo nelle mia viscere. Urlai tremando, soggiacqui ai suoi colpi secchi e rapidi, sentivo colare dalla mia fica in liquido caldo e denso che correva nelle pieghe del buco del culo. Chiusi sulle sue spalle le mie braccia, annodai le gambe dietro di lui che mi martellava come un ossesso dentro la fessa capiente, la sua bocca leccava le mie tette con i capezzoli turgidi che di volta in volta suggeva o lasciava insalivati. Io godevo da porca. Mi immaginai nelle sembianze della cavalla che riceve lo stallone, l’enormità di quel sesso mi aveva sempre accompagnata nelle mie fantasie notturne, seducendomi nella libidine allo stato puro. Poi mi sentii sollevare le gambe. Paolo le appoggio entrambe sulle sue spalle quindi reinserì tutto il suo cazzo nella fica e tenendomi per le braccia mi stantuffava energicamente. Il suo pene quasi usciva dalle labbra della mia fica sfregando ed asciugandosi tra le mie cosce morbide per poi precipitarsi dentro di me. Qualche colpo più in là, non resistetti più tanto era il piacere di sentirmi chiavata dalla cappella calda ed asciutta dopo ogni soggregamento nelle cosce che mi rilasciai appena sentii la sua mazza incurvarsi e la cappella gonfiarsi ancora di più. Il primo schizzo fu quasi doloroso tanto era la pressione con cui venne fuori, poi gli altri furono più dolci, caldi e densi. Mi sentii sborrata , come farcita all’interno ed il mio orgasmo scivolò in secondo piano dato che ero concentrata a godermi la sensazione che la sborra calda mi donava. Anni ed anni che non assaporavo quell’esperienza. Fu per me come tornare a vivere. Che differenza enorme se confrontato con le masturbazioni a cui mi abbandonavo di tanto in tanto. Paolo si abbandonò su di me, così mi concessi ancora attimi di piacere dato che il suo sesso si ritirava lentamente dal mio corpo. Poi si fece piccolo e scivolò fuori dalla fica e con esso un conato di misto sborra e liquido vischioso, caldo, colò giù lungo le mie chiappe formando una chiazza calda e bagnata sul divano sottostante.
All’alba mi ridestai al solito, il cielo era plumbeo fuori .
Il chiarore inondava tutta la casa. Entrai nel bagno e mi lavai con acqua calda la fica con i peli incrostati della sua sborra rinsecchita.
Mi guardai allo specchio, mi venne la nausea gli occhi arrossati i capelli erano in disordine ma, la mia coscienza lo era ancora di più! Sputai violentemente verso l’immagine riflessa nello specchio. Mi facevo schifo. Mi odiavo. Di là c’era mio genero che riposava ancora . il solo pensiero di ciò che avevamo fatto mi sconvolgeva. Non era meglio fare come la Bettina (una mia conoscente ) che amava talmente un cane allevato da lei stessa e tenuto in casa come una persona, pulito e senza altre frequentazioni che alla fine quando questi ebbe più di due, forse tre anni ne era divenuta la sua amante fissa. Era cioè la sua femmina.
Il rumore alla porta del bagno mi distolse dai pensieri, Paolo entrò mentre ero appena con la camicia poggiata sulle spalle, quindi nuda, mi afferrò da dietro e teneramente mi baciò sul collo, sfregando il cazzo morbido tra le mie chiappe,
--- grazie , ne avevo bisogno—
Disse e sorridendo continuò:
--- sarà il nostro segreto dolcissimo ---
Quindi uscì dal bagno per vestirsi.
Notai nello specchio il mio viso rasserenato ma, ciò che mi sconvolse fu la luce che mi leggevo dipinta sul viso! Ero di nuovo da sola e fu allora che mi dissi sottovoce ma, con rabbia:
--- sei una vecchia troia infoiata, e non sei poi così diversa dalle altre tue comari! ---
Ilgobbetto. 2010

martedì 16 febbraio 2010

Filastrocca per la Befana

La Befana vien di notte
con le chiappe tutte rotte
col vestito alla romana:
E’ una troia la Befana!

La Befana chula di notte
con le chiappe tutte rotte
con la scopa di saggina:
succhia e fotte a pecorina!

La Befana vien di notte
con le chiappe tutte rotte
le zinnette a la romana
se la mena la puttana!

La Befana vien di notte
con le chiappe tutte rotte
un culone tutto blu
fotte, chiava e butta giù.

La Befana zitta zitta
quando vien la sborra fitta
passa, riempie il calzino
con due seghe ed un pompino!

La Befana vien di notte
con le chiappe tutte rotte
il suo sacco è pien di topa
ed i buchi ha tutti rotti.
La Befana vien di notte
con le chiappe tutte rotte
il vestito corto ha!
Chi vuol fotterla eccola qua!

La Befana vien di notte,
con le chiappe tutte rotte
le sue zie son mignotte,
la nipote? Fotte, fotte!
Ti va bene se ci credi,
perché troverai bei doni.
Ti va male se la vedi
mentre passa a mezzanotte,
perché ti troverai carponi
con le chiappe tutte rotte!

Vien dai monti a notte fonda.
Com’è stanca! La circonda
il pene in cul e l’altro in mano
viene, viene la Befana!
adattamento de ilgobbetto 2010