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mercoledì 10 dicembre 2008

Lalettura della mano del cazzo

La mattina scorre veloce quando s’ha da fare con gli uffici della pubblica amministrazione, di conseguenza quel giorno, di buona ora ero giunto in città per disbrigare delle incombenze burocratiche. A metà mattinata, con tanta fortuna ero riuscito a portare a termine le faccende occorrenti. Percorrevo il lungomare a piedi per raggiungere l’auto che avevo parcheggiato nella solita area, previo pagamento del biglietto ( ticket, non mi piace! Lo so è scontato ma, i neologismi inutili di danno fastidio. È una mia personale peculiarità) apro la portiera e prima che mi sieda mi si affianca all’auto una donna strana, molto scura di carnagione, vestita in modo variopinto direi, con una gonna stranamente civettuola e corta. Chiede l’elemosina, allunga la mano, insistente e stridente
“ la sorte signore, vi leggo la sorte” insiste inclinando la testa su di un lato. L’osservo attentamente meno di trenta anni, contro i miei ventidue, capelli neri bluastri, attorcigliati con pettenessa, un viso gradevole abbronzatissimo, con un vistoso punto blu su di un lato della guancia, sulla mano nella biforcazione tra l’indice ed il pollice cinque puntini blu come se fossero stati fatti con la biro, a formare una croce. Le gambe tornite, la gonna sopra il ginocchio di un buon palmo, illuminate dal sole mattutino, avevano un aspetto accattivante e sensuale. Cercai di liquidarla ma, ogni tentativo sembrava non sortire l’effetto desiderato. I miei progetti per il resto della mattinata erano: visita ad una prostituta giovane che ero quasi un abitudinario per lei, infatti, la chiamavo ed ella mi confermava l’appuntamento in una casa di comodo. Poi visitina alla spiaggia per un bagno salutare fino al pomeriggio ma, quel mattino qualcosa non girava per il verso giusto. Non avevo intenzione di darle il becco d’un quattrino.
“non tengo spiccioli con me” sostenevo scocciato” ho da fare” incalzavo, e lei
“ vi leggo la mano signò, il futuro la fortuna!” ed io “ se leggi il futuro saprai che ho da fare e vado di fretta! “
Scocciato ma non arrabbiato anche perché aveva nei modi di fare una dolcezza disarmante, giocai la carta della sincerità.
“ senti ho con me solo ( dissi meno della metà che avrei dovuto dare alla prostituta per la prestazione) xxx lire e mi servono per fare una cosa importante, tra il dire ed il fare, mi scappò che avevo bisogno di stare con una femmina, e che avevo appuntamento con ella.
“ li dai a me quei soldi, ti do quello che cerchi o, io non ti piaccio? Allora, “ incalzava tutta presa lei” non hai fiducia in me, non ti fidi? “ guardava le mie gambe nude, avevo indosso un corto pantaloncino per il mare ed una maglietta aderente, alzò la gamba poggiando il piede nel vano della portiera, la gonna corta si tirò indietro mostrandomi la gamba affusolata fin quasi alle mutandine. Perché no? Mi chiesi, una puttana vale l’altra e, questa non l’avevo mai scopata. Montò in macchina in modo volgare, sfacciatamente volgare. Lei mi dirigeva verso la roulotte ch’ella aveva poco fuori città verso la marina. Mentre guidavo la guardavo meglio, aveva due bei meloni per tette, ben coperte però, lei allungò la mano sulle mie gambe scoperte arrivando fino all’attaccatura delle cosce, con un rapido gesto tastò la mia virilità, io allargai meglio le cosce per facilitarle il compito.
Giungemmo a destinazione dove una roulotte era agganciata ad una grossa vettura Mercedes nera brillante. Entrammo all’interno, sorprendentemente lindo e pulito, stretto per quanto una roulotte poteva esserlo ma, ordinato. Ci spogliammo osservandoci vicendevolmente, lei era piacevolmente in sovrappeso, quel poco che sottolineava la sua età matura; alle orecchie portava due grossi cerchi d’oro, il che ne accentuava la volgarità ed il gusto dell’esotismo Prese dell’acqua in un recipiente, si lavò abbondantemente, lo stesso fece a me, quindi, dopo mi distese sul letto, massaggiò il pene eretto e prese a succhiarlo avida; io le accarezzavo le cosce su, su fino al monte di venere, fra la peluria nera corvina, una fessura rossa accesa, le inserii un dito a solleticare le labbra esterne. Lei lo faceva con un trasporto inusitato, il che mi convinse che non lo facesse solo per il danaro ma, invero per il mero piacere di fare sesso. Avvampai e la travolsi montandola sopra coprendola di baci sul collo e strofinando il cazzo duro tra le sue cosce. Sospiravamo all’unisono, avevo voglia di penetrare dentro di lei, mi stavo apprestando a farlo quando mi fermai: non avevo indossato ancora il preservativo. Lo presi dal marsupio, lo indossai facendolo scorrere sino alla base del cazzo ricurvo. Lei osservò tutta l’operazione con un certo rammarico e forse con una nota di disgusto ma, era necessario per l’incolumità di entrambi. Le ficcai dentro l’arnese incappucciato e presi a stantuffarla. Veramente, lo dico veramente, era stretta abbastanza per quanto potessi immaginare. Ella si puntellava sui talloni alzando il bacino offrendosi ai colpi di ariete che le infliggevo, incurante del suo piacere, concentrato solo sul mio, dato che la pagavo ella non aveva diritto al godimento. Ciò nonostante la sentivo fremere, e con ella saliva la mia eccitazione, la sentivo mia, in mio potere. Mi chiuse le gambe intorno alla schiena bloccandomi in una presa da boxeur, ne sentii distintamente l’orgasmo, l’ennesimo che l’attanagliava e la faceva fremere tutta. Mi rilassai e lasciai che il calore mi avvinghiasse salendo su per la schiena, mi infiammò la testa, persi il contatto con la realtà, fluttuando in una sorta di limbo, appena percepivo il seme che defluiva ad ondate in successione all’interno della fica della mora. Restammo così sudati e appagati per un po’, quindi le sfilai il cazzo con appeso il preservativo col serbatoio pieno di liquido opalescente, lo tolsi gettandolo nel vicino contenitore. Lei si alzò dal letto tutta sculettante, prese altra acqua, mi lavò poi lavò se stessa, quindi mi si inginocchiò davanti prendendo di nuovo il cazzo in bocca. Prese a succhiare con lena, a volte faceva scorrere i denti lungo l’asta, per poi mordicchiare la cappella ma, senza farmi sentire dolore. Ripresi il vigore giovanile. Il cazzo mi si ergeva ricurvo, frenato dal lembo di pelle, sì dal frenulo, appunto. Spariva per un bel pezzo nelle sue fauci. Poi tirava indietro la testa, lasciando lungo l’asta delle scie biancastre di bava. Non manteneva un ritmo fisso ma, alternava velocità ad una lentezza esasperante, per poi fermarsi a lappare intorno alla base della cappella infiammata. Il primo schizzo di sborra la colpì inaspettato nell’occhio sinistro, poi la sequenza di liquido le imbrattò i capelli e giù fino alle tette belle e sode. Lei lo prese alla base e, con esso si randellava sulle labbra carnose e sulla lingua ormai colma di liquido opalescente. Ci lavammo di nuovo e, stavolta mi rivestii, mentr’ella indossò solo un babydoll rosa trasparente. Attorno al tavolo-penisola prendemmo un caffè quindi mi accinsi ad andare via. Sei grosso, mi disse te lo ha detto qualcuna che hai il cazzo grosso, cioè largo intendo? Annuii dirigendomi alla porta, dopo averle dato un bacio sulla bocca. Sull’uscio la porta si aprì dall’esterno, entrò un uomo salutando entrambi. Era vestito con un gessato nero in tessuto leggero, sul capo portava un avana bianco con fascia nera e pennetta di pernice. Sul viso paffuto il solito puntino blu, ed al collo una vistosa catena di oro massiccio, le dita delle mani anch’esse ricoperte di vari anelli d’oro. Tra loro parlavano un linguaggio inafferrabile che non riuscivo a comprendere. Si sedette mentre lei mi raggiunse alla porta sussurrandomi che quando volevo potevo passare di là a vedere se c’era la roulotte, le infilai tra le dita le banconote poi la porta si chiuse alle mie spalle. Il ticchettio sui vetri della macchina, coperto dal rombo del motore, mi fece voltare lo sguardo di lato, aprii il vetro di uno spiraglio ed ella lasciò cadere all’interno della macchina le banconote datele poc’anzi, accompagnò il gesto serrando le labbra in un bacio volante. La spiaggia mi attendeva, a coronare quella meravigliosa mattina d’estate.

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