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giovedì 11 dicembre 2008

giovani uomini crescono 1°

Tanti e tanti anni fa, agli inizi degli anni sessanta, in un paese rurale del meridione, di quello povero, ma povero davvero. (Le persone del racconto ormai non sono più tra noi, a parte lo scrivente.) Abitavamo la mamma ed io (altri fratelli e sorelle erano in un brefotrofio) in una stanza al piano terreno di una casa colonica, la cui proprietaria lavorava la terra e prendeva in affitto pochissimo, anche se per mia madre quel pochissimo era pesante ugualmente. Nina, la padrona aveva il marito infermo e vecchio ( credo che fece un matrimonio di comodo!) e due figli uno forse già l’aveva, l’altra era piccola piccola. Il maschio Rocco era più grande di me aveva quindici anni mentre io ne avevo dodici e mezzo allora. Rocco, proprio non ci stava con la testa , era arretrato in casa ed a scuola, era abbonato, ma gentilissimo. Io dodicenne, già allora ne dimostravo qualcuno di più, fisicamente, ero portato, pur crescendo nella indigenza ero attivo e partecipavo a mille piccole incombenze che venivano premiate con generi di prima necessità. Quell’autunno si presentò piovoso ed insolitamente freddo. A novembre, si gelava addirittura. La mamma era impegnata a lavorare tutto il santo giorno e tornava a casa a sera tardi, portando quasi sempre porzioni si cibo del ristorante pizzeria, in cui lavorava e che sicuramente la proprietaria le dava con cuore caritatevole. Tornato da scuola, completavo i compiti per me facili, in modo rapido, nella stanza fredda con una coperta addosso, poi mi recavo da Nina che aveva il focolare acceso, e che quasi sempre teneva da parte un poco di minestra per me. Presi, spinta da lei, ad occuparmi di Rocco, spronandolo e facendogli ripetere le nozioni semplici della sua scuola. I risultai si notarono sensibilmente, e Nina mi incoraggiava e mi procurava pasti più sostanziosi. Divenne un’abitudine, quella frequentazione pomeridiana, tanto che studiavo insieme a Rocco al calduccio del focolare. All’inizio di dicembre, Rocco si ammalò e stette settimane intere nel letto della sua cameretta, riscaldata da un braciere. Le lezioni furono così interrotte, ma passavo i pomeriggi da Nina, accanto al focolare, spegneva le luce per risparmiare, e la cucina veniva illuminata dai bagliori del fuoco, nel camino bassissimo, che serviva anche per cucinarci i pasti. Fuori, il tempo inclemente, fustigava la natura con piogge terribili, oppure la sferzava con venti gelidi. Il buio avanzava rapido, alle quattro era già notte fatta.
Davanti al camino a luce spenta, si parlava del più e del meno. Nina era seduta su un basso ciocco di legno, io di fianco, un poco traverso, l’osservavo, e cominciavo a notare che le cosce non coperte dalla gonna venivano illuminate sotto la gonna e le riscaldavano. Non era mia madre, che vedevo spesso quando si cambiava, era un’altra donna quella! Con le cosce scoperte, a volte lo sguardo curioso si spingeva fino in fondo dove le cosce si univano, e qualcosa di scuro le divideva. Ero giovanetto e le ragazzine di allora non aveva niente di interessante da far svegliare la voglia di sesso. Avevo giocato anni prima con una tipa del vicinato sfregando il cazzetto contro la sua farfallina, ma erano solo giochi conoscitivi, quelli. Quella invece era una donna vera, e il mio sesso si inturgidiva senza che potessi controllarlo. A sera scoprivo che alla pinta dove usciva la pipì, era inzaccherato di un liquido trasparente ed appiccicoso. Strinsi il cazzo duro nella destra, e facendola scorrere su e giù, cominciai a provare una sensazione piacevolissima, il cazzo svettava ancora di più, così mi sembrava allora alla fine, dopo parecchia di quella attività avevo un senso di appagamento, e dal pene fuoriusciva un poco di liquido acquoso fluido e caldo. All’indomani tornato da scuola, che diluviava dal mattino, mi recai al solito da Nina; la trovai accanto al fuoco, mi ci accostai per scaldarmi e lei con affetto ( ? ) mi cinse con il braccio sinistro da dietro, fino a toccarci: il cazzo si indurì subito, avvampai in viso, sentivo il calore in tutta la testa; il bozzo si notava nei pantaloni, Nina mi cinse allora anche con il braccio destro, serrando le mani, ma l’avambraccio, toccava in pieno il mio cazzo teso, e nei movimenti lo soffregava, dovette accorgersi per forza del mio stato. Io guardavo dritto in mezzo alle sue cosce, incantato. Si avvide dei miei pantaloni bagnati dalle scarpe sino alla caviglia, chiese allora di toglierli per farli asciugare al fuoco, se non avevo vergogna, disse. Me li tolsi , restando in mutande, quelle in uso una volta, con due spacchi laterali per poter tirare fuori il pene quando si doveva urinare; il bozzo era palesemente visibile, illuminato dai bagliori vividi del fuoco. Nina mi attirò a sé vicino, stringendomi come prima, appoggiando il suo viso al mio fianco, l’avambraccio sinistro ancora in contatto sublime con il pene duro, prese ad oscillare su e giù, fregando col bozzo nelle mutande, si girò col viso mi diede un bacio sul fianco sotto la maglietta, sulla pelle nuda. Mi piacque il contatto delle sue labbra umide, mi sentii, un uomo vero, un gigante. “Cosa tieni qua sotto, di duro e grosso?” chiese posandoci sopra il palmo della mano a coppa, “ ti fai male, così? ” continuò mentre io stavo per prendere fuoco come uno zolfanello; quando ella intrufolò la mano nella fessura delle mutande e afferrò il cazzo teso, che per dimensione, stava comodamente nel palmo della sua mano. “ ti dà fastidio? Dillo non aver paura, se ti spavento, puoi dirlo, sai che un po’ ti voglio bene e non ti farei del male” non risposi, ma feci cenno affermativo con il capo, mentre mi chinavi per meglio guardare sotto la sua gonna. Era immensamente piacevole, il suo tocco, diverso da quello della mamma, quando ero molto più piccolo, e dalla punta del pene estratto delle sua mano esperta, gocce come di rugiada fuoriuscivano; Nina fregava con esse l’indice ed il pollice. Poi le portava alla bocca, sulla lingua. La sua mano destra dietro mi palpava il culo, nelle mutande, ciò le conferiva un aspetto diverso da come la conoscevo, anche il suo viso era macchiato di chiazze rosse accese. Io fremevo per conoscere cosa nascondesse in fondo, là tra le cosce di femmina adulta. Tante volte l’avevo osservata china nell’orto sotto le lunghe vesti, oppure da sotto le scale che adducevano al piano di sopra, nel sottotetto usato come fienile, ella mai si preoccupava di chiudere le gambe, o di coprirsi. Ciò aveva creato in me una crescente curiosità, anche perché le stesse nudità della mamma, non sortivano uguale effetto. La sua bocca si chiuse intorno al mio sesso , era calda e umida, donandomi sensazioni mai provate prima d’allora. Prendevo la sua testa tra le mani e la spingevo verso di me, nel contempo, cercavo di allungare la mano tra le sue cosce, riuscendo soltanto a toccare a metà della coscia, la pelle era morbida e liscia.. Persi la lucidità, un senso di leggera volatilità mi faceva viaggiare in territori sconosciuti e selvaggiamente sensuali. Le sue mani salirono ad accarezzare il petto implume, e le spalle, pochi peli avevo allora sotto le ascelle e sul pube ad incorniciare il sesso da ragazzino adolescente. Si staccò e presomi per mano, mi condusse nella sua camera vuota che il marito malato stava con Rocco pur’egli ammalato, giunti vicino al lettone, lo scoprì e mi sollevò aiutandomi a salirvi. Ficcato sotto le coltri, ella fece il giro del letto e dopo aver attizzato il braciere al centro della camera, si denudò velocemente raggiungendomi sotto le lenzuola. Non ebbi il tempo di vedere sotto la gonna, fu il lettone grande e la sua rapidità ad impedirmelo. Mi abbracciò stretto, ella aveva indosso una sottana che nel letto si era accorciata scoprendole le cosce. Sentii il suo calore e mi strofinai in mezzo ai suoi seni. “ Baciamele “ diceva “ così bravo, dai, su con la linguetta. “ io eseguivo e succhiavo a bocca aperta, quei grossi capezzoli duri come il mio cazzo; la sentivo fremere, sotto di me, ci stavo appena appena, chiuse tra le sue cosce; il cazzetto premeva e fregava in uno splendido vuoto molle e umido. “ Vai sotto, ti guido io” diceva mentre con le sue mani mi spingeva giù fino a toccare in mezzo alle cosce; scostò le mutande di lato e “ bacia qua su, caccia la linguetta e lecca come fai con il gelato” . Il mio viso affondò in un varco circondato da peli: c’era una fessura delimitata da escrescenze carnose che fuoriuscivano di lato alla fessura. La fessura era inzaccherata di bava dal sapore leggermente salmastro. Stringeva le cosce intorno alla mia testa e spingeva il bacino in su e giù con ritmo crescente. Si fermò percorsa tutta dai brividi, poi allentò la presa, rilassandosi un poco. Aveva il respiro ansimante , mi prese per la testa e mi tirò su sopra di ella, mi baciava sulla bocca, mentre la sua mano titillava la sua fessura con il mio cazzetto tosto, l’altra mano era intenta a palparmi il culo. Presa di nuovo da frenesia, cercava stringendomi il pene, di far scivolare giù la pelle mobile che avvolga il pene, senza riuscirci, poiché la punta era più grande del foro della pelle. Desistette perché mi ritraevo. Allora lo lasciò nella fessura afferrandomi con entrambe le mani sul culo e mi tirava a se con movimento avanti e indietro. Io mi sentivo conficcato nella sua carne calda e mi sentivo tutto bagnato intorno ai peletti del pene, accavallò le gambe in una morsa intorno a me e si bloccò in questa posa per parecchio tempo, mentre l’aria sibilava dai suoi denti stretti, ansimando col respiro grosso. Si rilassò sciogliendo le gambe ed il legame che ci teneva stretti l’un l’altra. Mi prese il pene tra le mani facendo scorrere avanti ed indietro la pelle che lo ricopre, ma il liquido che fuoriusciva era più abbondante di quando lo facevo da solo. Nina stette abbracciata con me per parecchio, e quando si alzò dal letto le chiesi di vedere come fosse fatta sotto. Lei sorrise forte, ma salita di nuovo sul letto, stavolta in piedi, mi sovrastava , aprì le cosce ponendosi a cavallo sopra di me e con entrambe le mani si aprì la fessura in mezzo alla massa di peli nerissimi e folti. La carne era rosso vivo, con macchie biancastre di liquido colante. Rise forte gridando “ ti piace moccosello” si girò mostrando un culo enorme con chiappe tonde dall’aspetto sode, “ mi piaci “ le dissi . Nina si era vestita, aiutandomi a vestirmi coi pantaloni asciutti. Ci riponemmo davanti al camino ancora acceso, “ è un segreto tra di noi, non devi dire mai niente a nessuno di quel che abbiamo fatto, giura!. Se ti è piaciuto lo facciamo di nuovo, sempre se vuoi “ annuii scaldandomi le mani alla fiamma del ceppo ardente.

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